Quando
si parla di "qualità della vita" inevitabilmente
si evoca complici i numerosi articoli apparsi sui giornali
in questi anni sui luoghi del benessere e del vivere bene
la provincia di Mantova, la sua economia fiorente, la sua
civiltà.
Non c'è servizio giornalistico che non abbia rilevato
come questa piccola oasi di benessere sia intrinsecamente
legata all'economia del maiale. I mantovani sono famosi per
possedere statisticamente parlando un certo numero di maiali
a testa (a seconda delle statistiche, pare dai tre ai cinque).
La provincia di Mantova conta la presenza, oltre che di numerosi
allevamenti, anche di numerose imprese di macellazione che
si limitano però, nella maggior parte dei casi, ad
un lavoro di taglio, di lavorazione dei derivati (lardo, ciccioli).
I maiali, infatti, ingrassati e macellati vengono in genere
venduti in quarti ad imprese che provvedono alla stagionatura
nel caso dei prosciutti vanno a riempire i magazzini di Langhirano
e di San Daniele o all'insaccatura in altri casi.
Inutile dire che salumi e formaggi annoverano nel Mantovano
una tradizione di tutto rispetto. Sulle due sponde del Po
si producono Parmigiano Reggiano (sulla sponda destra) e Grana
Padano (su quella sinistra). I caseifici che producono Grana
Padano sfornano circa un quarto dell'intera produzione. Questi
due formaggi, prodotti essenzialmente con la stessa tecnica
(latte, caglio, fuoco e l'arte dei casari) erano già
noti nel Medioevo e addirittura agli Etruschi. Una delle citazioni
più significative si trova nel Decamerone. E non c'è
dubbio che il Parmigiano a cui Maso si riferisce nel descrivere
al credulo Calandrino il paese di Bengodi sia esattamente
lo stesso formaggio che oggi si fregia del nome di Parmigiano
Reggiano:
"et eravi una montagna di formaggio Parmigiano grattugiato,
sopra la quale stavan genti, che niuna altra cosa facevan,
che fare maccheroni e ravioli", con l'altra bella trovata
che, una volta cotti, li facevan rotolare sul formaggio per
condirli meglio.
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